Perché la Cina investe sull’Open Source: tra innovazione, controllo e autosufficienza
Nel panorama globale dell’innovazione digitale, l’open source non è più solo una scelta tecnica: è diventato uno strumento strategico. Un esempio emblematico arriva dalla Cina, dove colossi come Alibaba, Baidu e Huawei stanno abbracciando e potenziando attivamente il software open source per costruire un futuro tecnologico sempre più indipendente dalle influenze occidentali.
Un cambio di paradigma: dalla periferia al centro della scena open source
Fino a pochi anni fa, la Cina era poco presente nella comunità globale open source, dominata da Stati Uniti, Europa e India. Oggi invece è il terzo paese al mondo per numero di sviluppatori attivi su GitHub, la principale piattaforma di condivisione di codice open. Non si tratta solo di contributi simbolici: la Cina è ora un attore di peso nello sviluppo di software, intelligenza artificiale e, sempre più, anche hardware open source.
L’adozione dell’open source da parte di aziende e sviluppatori cinesi è esplosa soprattutto a partire dal 2019, quando le restrizioni imposte dagli Stati Uniti – in particolare il bando di Huawei dall’uso di Android – hanno accelerato la corsa verso l’autonomia tecnologica.
Open source e governo autoritario: una convivenza possibile?
L’open source si fonda su principi di trasparenza, collaborazione e decentralizzazione: valori non immediatamente compatibili con un sistema politico fortemente centralizzato come quello cinese. Eppure, proprio il governo di Pechino ha riconosciuto il potenziale di questo approccio, sostenendolo ufficialmente tramite fondazioni come OpenAtom, fondata da un consorzio che include Alibaba, Tencent e Baidu.
Dietro questo sostegno c’è una motivazione chiara: ridurre la dipendenza tecnologica dall’Occidente e creare un ecosistema digitale interno che possa competere – e in alcuni settori superare – quello statunitense. Ma questa apertura ha dei limiti. La Cina ha già dimostrato di poter intervenire bruscamente quando percepisce una minaccia: basti pensare alla censura temporanea di GitHub nel 2021 o alla chiusura dell’accesso a Hugging Face nel 2023.
L’intelligenza artificiale come motore dell’open source cinese
L’open source ha trovato terreno fertile soprattutto nell’ambito dell’intelligenza artificiale. Startup come DeepSeek hanno conquistato l’attenzione internazionale pubblicando modelli avanzati con licenze aperte, contribuendo a colmare il divario con gli Stati Uniti nonostante risorse limitate. Allo stesso tempo, aziende consolidate come Alibaba stanno investendo in progetti come Qwen, mentre Baidu annuncia l’apertura dei modelli che alimentano il suo chatbot Ernie.
Il vantaggio? Accedere a una comunità globale che testa, migliora e adotta le tecnologie in tempi rapidi. Lo svantaggio? L’esposizione a potenziali controlli governativi o restrizioni geopolitiche, sia da parte della Cina che dagli Stati Uniti.
Hardware, RISC-V e la corsa alla sovranità tecnologica
La strategia open source cinese non si ferma al software. Anche l’hardware sta vivendo una rivoluzione. Il governo cinese spinge le aziende ad adottare RISC-V, un’architettura di chip open source nata in California, che rappresenta un’alternativa strategica ai brevetti detenuti da aziende occidentali.
Startup come Unitree, attiva nel settore della robotica, pubblicano liberamente progetti e algoritmi, sperando di diventare lo standard globale nel proprio campo. Tuttavia, il percorso verso l’accettazione internazionale resta complesso: nonostante la trasparenza tecnica, i prodotti cinesi faticano a guadagnare fiducia nei mercati occidentali, ancora diffidenti rispetto alle possibili ingerenze governative.
La sfida della fiducia e della libertà
In definitiva, il caso della Cina mostra come l’open source sia oggi un terreno di scontro geopolitico e culturale, oltre che tecnico. Da una parte, offre velocità, collaborazione e scalabilità: elementi fondamentali in un’economia digitale in continua evoluzione. Dall’altra, impone apertura e fiducia, due fattori che possono entrare in rotta di collisione con l’approccio centralizzato e censurante di alcuni governi.
L’esito di questa sfida è tutt’altro che scontato. Ma una cosa è certa: l’open source è diventato una delle chiavi strategiche per il futuro dell’innovazione globale. E la Cina, oggi più che mai, ne è protagonista.